In questo volumetto l’autore ci fa fare un piccolo viaggio nel tempo dentro le faccende concrete che riguardano orti e giardini. Sembra incredibile ma quasi tutte le 40 specie presentate e descritte con minuzia di particolari quasi 80 anni fa ricalcano nel concetto la ricerca delle piante innovative da noi iniziata nel 2008. Fa piacere trovare una strada già tracciata nel buonsenso e nella curiosità di un tempo a rinnovare questo percorso e a dargli ancora maggiore radice all’interno del nostro patrionio culturale.
Di seguito trovate la prefazione dell’autore e le conclusioni finali. Buona lettura.
Testo tratto da “I LIBRI DELL’AGRICOLTORE” n. 13
scritto da Angiolo del Lungo
società anonima editrice Dante Alighieri – 1942
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PERCHÈ SONO POCO NOTI?
La risposta a una simile domanda è necessaria all’inizio di questo volumetto poichè molti lettori potrebbero troppo semplicisticamente pensare : Se sono poco noti è perchè se lo meritano e perciò è inutile occuparsi di loro.
Ma l’esser poco noto, invece, per un ortaggio come per qualsiasi altra pianta coltivata non vuol dire non avere pregi, non esser degna di attenzione o addirittura esser trascurabile. Anche per le piante vi sono periodi di fortuna e di sfortuna, di alti e bassi, di celebrità e di dimenticanza: una specie di poco conto oggi può divenire per varie circostanze importante domani.
Un secolo fa la stessa patata era ancora poco diffusa in Italia e sono ben noti” gli stratagemmi faticosi a cui ricorse Parmentier per far conoscere in Francia questa pianta ritenuta dapprima una erbaccia velenosa! Il pomodoro ha conquistato le cucine dì tutto il mondo negli ultimi tre secoli perché risale al ‘600 la sua introduzione in Europa. Al contrario chi è che conosce oggi il Sisaro una volta largamente coltivato per le sue delicate radici tuberose così apprezzate dai buongustai? E chi coltiva oggi la Valerianella, considerata la “regina delle insalate” nella Rinascenza? Certi ortaggi possono esser poco noti e diffusi, ad esempio perché ij recente introduzione o reintroduzione da noi (è il caso del Melone-pera e del Gombo), altri perchè presentano qualche speciale esigenza in fatto di clima o di terreno (Acetosella tuberosa, Batata, Dolcichino). Talora sono particolari della coltura che riescono di ostacolo alla diffusione; è il caso di alcune piante il raccolto dei cui tuberi riesce faticoso e costoso per l’eccessiva piccolezza (Tuberína) o per l’eccessiva profondità a cui si sviluppano (Igname) o per la difficoltà della loro conservazione invernale. Altre volte è il sapore nuovo che non incontra il gusto di tutti i palati abituali ai classici ortaggi nostrali riuscendo sgradito o stucchevole. Spesso si tratta infine di abitudine, di tradizione e di diffidenza verso i cibi nuovi ; né è raro il caso in cui la diffusione di un ortaggio dipenda da vicende storiche. Finché un ortaggio non è entrato nell’ uso comune, sul mercato compare solo eccezionalmente quasi come una curiosità a prezzi esagerati nei primi negozi cittadini. Ma se merita, la volta buona viene anche per lui.
Sul mercato di Roma, oggi si trovano regolarmente alcuni ortaggi che una decina di anni fa vi erano sconosciuti. I Liscari, ad esempio, furono introdotti da alcuni ortolani marchigianì nell’ Agro ed incontrarono rapidamente il favore dei consumatori. Lo stesso può dirsi di alcune varietà di origine siciliana di zucche e di cavoli, nonchè della Zucchetta centenaria. Fu l’articolo su un giornale agricolo e alcuni frutti esposti nella vetrina di un negozio di sementi che fecero conoscere questa singolare cucurbitacea che ogni autunno compare ora anche nei mercatini rionali.
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Nei manuali di orticoltura per forza di cose questi ortaggi poco noti o, possiamo dire secondari, o non compaiono o sono relegati nell’ombra di poche affrettate righe, Anche nei cataloghi di sementi solo in parte fanno la loro timida comparsa e spesso la difficoltà di trovare il seme è l’ostacolo principale alla loro migliore conoscenza. Questo volumetto vuole illuminare la loro modestia e illustrare i loro pregi.
QUANDO gli ortaggi prima di esser buoni sono belli
Nel corso di questo volumetto abbiamo più volte fatto cenno alle doti ornamentali di taluni ortaggi descritti. Specialmente negli orti dei dilettanti e nei giardini rustici nonché negli orti-giardini che tanto sviluppo hanno preso in questi ultimi tempi, le specie che uniscono l’utile all’estetico, il prodotto mangereccio alla funzione decorativa devono esser tenuti nel debito conto. Quasi tutti gli ortaggi, a dire il vero, quando sono seminati o piantati in file geometriche tenuti ben sarchiati, fatti crescere sani e rigogliosi, sono anche belli e potremmo dire ornamentali. Ma talune specie possono decisamente passare nel rango delle piante decorative.
Un detto latino insegna Natura non facit saltus, ossia la Natura non fa salti, non ama i contrasti, ma fa le cose gradatamente, passo per passo modificando quasi insensibilmente l’una dall’altra le sue infinite creazioni. Perciò tra piante da fiore vere e proprie e ortaggi veri e propri stanno molte specie che possono considerarsi al confine fra i due gruppi, partecipanti un po’ dell’uno e un po’ dell’altro, a cavallo fra l’orticoltura e il giardinaggio.
Certo che per i giardini signorili di città non è il caso di parlare di ortaggi ornamentali, ma per i giardini rustici di campagna dove spesso più che al valore intrinseco dei fiori si guarda alla cura e all’ordine con cui sono tenute le aiuole, queste piante che uniscono utilità e bellezza possono trovare largo posto. In campagna, poi, il tempo vola e spesso è difficile trovare anche quella mezz’ora necessaria per star dietro alle poche aiuole che ornano la vicinanza dell’aia, della stalla e della casa colonica. Sarà perciò più facile trovare il tempo per curarle se ospiteranno piante capaci di dare un certo utile. Fra le specie finora descritte hanno doti ornamentali: l’Alchechengio, il Rabarbaro, la Castagna d’acqua, l’Atreplice rosso e lo Spinacio arborescente, l’Elianto tuberoso, il Cavolo-rapa a testa violetta, il Cavolo riccio variegato. Per coprire cancellate e pergolati si prestano anche le seguenti specie rampicanti : Apio tuberoso, Igname della China, Zucchetta Centenaria.
Completiamo questa rapida rassegna ricordando ancora, fra le piante rampicanti i vigorosissimi Fagiuolì di Spagna (Phaseolus multiflorus), i cui tralci arrivano e sorpassano l’altezza di tre metri ricoprendo in poche settimane siepi, reti metalliche, ecc. Nei climi caldi questi robusti rappresentanti della famiglia dei fagiuoli — originari dell’America meridionale — possono passare anche l’inverno e vegetare per più anni. Oltrechè pel rigoglio del fogliame sono ornamentali per i grossi grappoli di fiori bianchi — nella varietà più nota a semi bianchi — e rossi — nella varietà a semi scuri screziati di rosso. Degne di nota la varietà bicolore con i fiori bianchi e rossi e la varietà a seme nero. Inoltre fra le varietà a fogliame variegato sono da tener presenti il Cavolo cappuccio rosso (con le varietà Piccolo d’Ertfurt e Gigante), dalla testa compatta rosso-paonazza e la Barbabietola a foglie nere, dal fogliame ampio ed elegante in curioso contrasto col rosso vivo delle radici. Potrà completare l’aiuola degli ortaggi decorativi il verde lucido del Basilico a foglie di lattuga — bollose, ampie e ondulate — e una bordura del fitto e delicato Prezzemolo a foglie ricce.
Bravi
Sono interessato a piante da orto strane, insolite, bizzarre e perenni
Ne trovi diverse sullo shop…semi in primis 😉