CHENOPODIUM bonus henricus

“Buon Enrico, spinacio di montagna, farinello tutto-buono”

chenopodium bnus enricus

Famiglia: Chenopodiaceae

Origine: Europa, Nord America, Siberia

Caratteristiche: erbacea perenne, raggiunge un’altezza di circa 50 cm; ha il fusto eretto scanalato e ricoperto di foglie grandi e carnose, di colore verde scuro sopra, e chiare e farinose sotto. L’infiorescenza, a spiga terminale, è anch’essa verde, con sfumature brunastre, e si presenta da maggio ad agosto. I frutti sono acheni con semi neri lucenti.

Coltivazione: predilige terreni ricchi di humus, e risulta più produttivo se coltivato in posizione soleggiata; è tuttavia una pianta molto rustica, che tollera anche situazioni di notevole trascuratezza e riesce bene nella maggior parte dei terreni. Una volta il Buon Enrico era coltivato nei giardini come un vegetale perenne: una trentina di piante davano una buona scorta di cibo per quattro persone. Le piante cresciute in semenzaio si mettono a dimora a fine aprile, cercando di sistemarle a ugual distanza l’una dall’altra (stessa accortezza si deve avere se si decide di seminare direttamente in pieno campo). Per una buona resa dell’impianto si consiglia di aspettare il secondo anno per la raccolta delle foglie e dei germogli, lasciando sempre una porzione della pianta in salute: ci offrirà così il suo raccolto più volte durante la stagione e per molti anni a venire.

Valore terapeutico 1/5: lo spinacio Buon-Enrico, , risulta interessante anche per le sue proprietà fitoterapiche: come emolliente, lassativo, vermifugo, antianemico. Ad uso esterno, si applicano le foglie fresche come cataplasma su scottature o per far regredire foruncoli e ascessi. Ad uso interno, l’effetto lassativo è dato dai soli semi, ma è così blando che è indicato in casi di leggere stipsi soprattutto nei bambini. La presenza di sali minerali, vitamina C e ferro lo rende utile in caso di anemia ma, per il suo contenuto di acido ossalico, è sconsigliato il consumo a chi è soggetto a calcoli renali o affetto da insufficienza renale o reumatismi.

Edibilità 4/5: le giovani foglie si consumano crude in insalata oppure, lessate brevemente, si utilizzano come gli spinaci in ripieni, minestroni, frittate e torte salate. Anche i giovani germogli sono ottimi: da raccogliere quando sono lunghi circa 10-12 cm, si tagliano appena sotto la terra e si consumano come gli asparagi. I semi seppur piccoli, si raccolgono facilmente e  devono essere tenuti a bagno una notte, e risciacquati, prima di essere consumati, per rimuovere eventuali saponine.  Si possono aggiungere poi all’impasto di pane o focacce.

Curiosità: il nome scientifico di questo genere di erbacee, Chenopodium, deriva dal greco podós “piede”, e chenós “oca”, ovvero “piede d’oca”, in riferimento alla particolare forma delle foglie. L’origine invece del nome di questa specie sembra risalire a Enrico VI di Navarra, re di Francia, il quale durante una carestia, invitò i suoi sudditi a consumare tale erba, nutriente e abbondate nel territorio, salvandoli così dalla fame. Questo sovrano, benamato dal popolo per il suo buon carattere, divenne poi mecenate dei botanici.

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2 risposte a “CHENOPODIUM bonus henricus”

  1. Alessandro Iacopini dice: Rispondi

    Mi interessano foglie di “Buon Enrico”disponibili giornalmente a Bologna e semente per avviarne la coltivazione per consumo familiare in un orto cittadino. Mi interessano anche varie altre essenze uscite dalla memoria della gente, del tipo di quelle trattate nella pubblicazione rinvenuta in edicola “Le verdure dimenticate” di Morello Pecchioli. Intanto mi studio un po’ quello che proponete voi.
    Grazie per l’eventuale collaborazione
    Alessandro Iacopini

    1. Buonasera Alessandro
      si abbiamo disponibile il buon Enrico
      è uno degli spinaci più buoni e saporiti, meglio comunque utilizzarlo brevemente cotto per via degli ossalati
      è ottimo in padella, ci sono altri come la basella o lo spinacio di Okinawa che possono esere usati anche a crudo
      conosciamo il libro, ben fatto e curato
      finalmente si traccia un solco nei sapori perduti
      per noi è quotidiano il rapporto e l’utilizzo di molte piante citate nel libro

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