PACHYRHIZUS erosus

“Jícama, patata messicana”

Famiglia: Fabaceae

Origine: Messico, centro America, Ecuador

Caratteristiche: pianta rampicante perenne, può raggiungere i 3-4 metri di altezza se sostenuta da adeguati supporti. Presenta fiori lillà in infiorescenze a grappolo, e foglie trifogliate; i frutti sono legumi irsuti e dritti, con all’interno semi piatti quasi quadrati o rotondeggianti. Le radici tuberizzate sono di colore marrone chiaro all’esterno e bianco crema all’interno, e possono raggiungere svariati chili nei climi tropicali. Per l’alimentazione si preferiscono comunque tuberi  più piccoli, del primo anno, teneri e grandi come un limone.

Coltivazione: predilige terreni sabbiosi e sciolti; si semina a dimora in tarda primavera e si coltiva come i fagioli. Per produrre più tuberi è consigliato eliminare i fiori. In autunno, prima dell’arrivo del gelo, si tagliano i fusti e si estraggono le radici. La pianta se non raccolta, può vivere diversi anni, ma ai nostri climi è preferibile estrarre i tuberi e metterli nuovamente a dimora nella primavera successiva, evitando così le gelate della stagione invernale.

Edibilità 4/5: il tubero si consuma come una classica patata, a differenza di questa però, si può mangiare anche cruda, ed è ottima in pinzimonio al posto della carota o del sedano, oppure in insalata o nelle macedonie di frutta. Il sapore è dolciastro, delicato, fresco, e la consistenza croccante, simile a quella della pera. Attenzione: tutte le altre parti della pianta ad eccezione delle radici (foglie, steli, baccelli, semi e fiori) sono tossiche! Contengono un composto nocivo chiamato rotenone presente anche negli insetticidi.

Valore terapeutico 3/5: è un tubero che vanta diverse proprietà, con pochissimi carboidrati e  sole 38 cal/100gr; è ricco di fibre, vitamina C (46% della RDA, dose quotidiana raccomandata), acqua, potassio, fosforo, calcio, ferro, magnesio. Contiene inoltre l’inulina, una sostanza che rallenta l’assorbimento di carboidrati e zuccheri nel sangue, così da farci sentire più sazi più a lungo: questo fa sì che la jícama sia annoverata tra gli alimenti “brucia grassi”.

Curiosità: la jícama era consumata abbondantemente già dalle popolazioni precolombiane: le radici di questa pianta furono ritrovate sia dipinte nelle ceramiche, sia avvolte nelle tele di una mummia nella necropoli dei Paracas. Nella lingua azteca náhuatl si chiama “xicamatl”, che significa “radice acquosa”. Dopo la conquista, la jícama fu portata dagli spagnoli nelle isole Filippine, da dove si  diffuse in molte altre parti dell’Asia.

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