VICIA faba

 “Fava, baccelli”

Famiglia: Leguminosae

Origine: Sconosciuta

Caratteristiche: pianta annuale a rapida crescita, cresce fino a 1 metro. Possiede un apparato radicale fittonante formato da ramificazioni costellate da batteri azoto fissatori (Rhizobium leguminosaurum). Il fusto ha sezione quadrangolare, ramificato fin dalla base, foglie glauche, stipolate e composte da 2-6 foglioline. Fiori bianchi striati di nero, talvolta rossi, con macchie viola sui lati che mutano di colore una volta impollinati. Fiorisce da maggio ad agosto, i semi maturano da luglio a settembre. Viene impollinata dalle api.

Coltivazione: pianta facile da coltivare tollera qualsiasi tipo di suolo, anche quelli argillosi e pesanti, predilige un substrato fresco, fertile, ben drenato ed esposizioni luminose per aumentare l’allegagione dei fiori, resite anche a mezz’ombra e non teme i venti forti. Non resiste alla salsedine e non ama condizioni di siccità. Resiste al gelo fino a -10°C soprattutto nei primi stadi vegetativi. Si semina direttamente a dimora in autunno, a fine inverno o a primavera ponendo i semi a postarelle di 3-4 semi distanti circa 30-40 cm e interrati circa 2 cm.

Edibilità 3/5: Il seme crudo o cotto può essere consumato prima che sia completamente maturo, il seme completamente maturo richiede un ammollo notturno per ammorbidirlo prima di essere cotto. I baccelli che contengono i semi possono essere utilizzati cotti, saltati in padella o sbollentati e frullati per realizzare salse e condimenti. Le foglie cotte sono usate come gli spinaci.

Curiosità: costituisce uno dei migliori sovesci o concimi verdi se seminato in autunno e in primavera. Crescendo molto rapidamente aiuta nel controllo delle infestanti e nella ricostituzione della fertilità del suolo poiché le piante fissano l’azoto. Dagli steli si può ottenere una fibra non molto robusta. Le ceneri della pianta sono molto ricche di potassio e sono impiegabili nella realizzazione dei saponi. Pianta di lunga storia conosciuta già 4000 anni fa; Esiodo già ne parla nel suo Erga kai Emérai, una delle citazioni più famose è quella che Pitagora rivolge ai suoi allievi sconsigliandoli dal mangiarle e dall’avere contatti anche visivi con questa pianta, persino Cerere, la dea che regalò i legumi agli uomini evitò di consegnare le fave riservandole alle sole anime trapassate. Uno dei primi cuochi a dispensarne ricette e impieghi fu un certo Apicio che al tempo dei romani la rese un legume molto diffuso, tanto che gettare dei semi di fave sulla folla era ritenuto di buon augurio , ma rimase comunque sconsigliato l’utilizzo durante le celebrazioni religiose poiché ritenuta cibo prediletto dei defunti, infatti Greci e Romani credevano che le anime trasmigrassero materialmente anche nelle fave, considerate vero e proprio territorio dell’aldilà . Esistono molte varietà botaniche utili per foraggio e alimentazione umana in relazione alla grandezza del seme.

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