CYCLANTHERA pedata

caigua

“Caigua, achocha, korila, melone selvaggio”

 

Famiglia: Cucurbitaceae      Origine: cordigliera delle Ande

 

Caratteristiche: erbacea annuale a portamento rampicante, con foglie palmate e fortemente lobate di colore verde pallido. È una specie monoica, ovvero lo stesso individuo produce sia fiori maschili che femminili, che solitamente maturano in tempi diversi per evitare l’autofecondazione. I fiori sono gialli e piccoli e dal profumo delicato; il frutto è una piccola zucca allungata di colore verde, con all’interno una polpa bianca e tenera e semi neri, che ricordano nella forma delle piccole tartarughe.

Coltivazione: la coltivazione della caigua è del tutto simile a quella del cetriolo; ama posizioni soleggiate e terreni ben drenati. Necessita di spazio intorno a sé e solidi supporti a cui arrampicarsi. Si semina da Aprile in semenzaio per poi trapiantarla in piena terra appena le temperature si fanno più miti.  All’inizio sembra produrre solo fiori maschili e pochi femminili, e non si ha traccia delle formazione di frutti: questi compariranno in piena estate e ci accompagneranno fino ai primi freddi; si raccolgono ancora verdi. Se lasciati sulla pianta, giunti a piena maturazione si aprono e lanciano i semi a notevole distanza.

Valore terapeutico 4/5: nel frutto sono presenti peptine, acido galatturonico, resine, minerali, vitamina C, steroidi. Tra questi ultimi il sitosterolo-3-beta-D-glicoside, responsabile della diminuzione del colesterolo, in quanto a lui chimicamente molto simile e quindi competitivo per il sito di assorbimento. Il consumo prolungato della caigua, ha mostrato miglioramenti nel rapporto tra colesterolo LDL (a bassa densità, “cattivo”) e quello HDL (ad alta densità, “buono”).

Nell’uso tradizionale delle popolazioni andine, si impiega anche per trattare il diabete, i disturbi cardiovascolari e per abbassare ed eliminare l’eccesso di grassi nel sangue. Utile anche nelle donne in menopausa, in quanto la diminuita produzione di estrogeni da parte delle ovaie, espone ad uno squilibrio lipidico e a conseguente rischio coronarico.
Edibilità 3/5: i frutti, dal sapore simile al cetriolo, si raccolgono ancora immaturi e si consumano cotti, crudi in insalata, o conservati sottoaceto. Tipica ricetta andina è la caigua “rellena”, ovvero “ripiena”. Sono buoni anche germogli e giovani foglie.

Curiosità: la caigua (dal quechua “kaywa”) viene coltivata da tempo immemore nella cordigliera andina tra il Perù e la Bolivia, tanto che si trova già rappresentata in reperti risalenti alla cultura Moche (100 d.C.) Si è poi diffusa largamente in tutta l’America del Sud e in America Centrale. In Italia arrivò probabilmente insieme ai pomodori, al mais e alle patate, ma è solo in alcune zone alpine e prealpine lombarde che oggi se ne  attesta la presenza: in Vallassina, è comunemente chiamato “miliun” e, scottato e farcito con una pezzettino di acciuga e un pochino di aglio, viene conservato sott’olio.

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