Arte e agricoltura

Agricoltura (lat. Ager=campo; cultor=coltivatore). Arte di conseguire dalla terra, con la minore spesa possibile, la maggiore quantità possibile di prodotti utili all’uomo, e nelle condizioni che meglio sovvengono al sostentamento di lui. La pratica dell’agricoltura è antica quasi quanto il mondo.

dizionario di cognizioni utili 1908

Agricoltura: un viaggio nel tempo.

Dalla notte dei tempi, l’agricoltura è stata la culla della civiltà e della cultura. Come annotava un dizionario del 1908, è l’arte di trarre dalla terra “il maggior numero di prodotti con il minimo della spesa”, ma la sua storia è un mosaico di intuizioni, rivoluzioni, ispirazione e ritorno alle origini. Oggi, tempo di crisi e di possibilità,  piante dimenticate e tecniche ancestrali, nuovi punti di vista e strumenti dedicati sono fra i punti cardinali per una rinascita a tutto campo.

Le radici antiche: i primi semi.

Nella Mezzaluna Fertile, 12.000 anni fa, i primi agricoltori addomesticarono il farro e l’orzo, prima ancora si era iniziato intorno al Nilo la coltivazione/raccolta dei tuberi di Cyperus esculentus (conosciuto come zigolo o tiger nut) in tempi predinastici fino a più di 16000 anni fa, In sud America il mais usciva allo scoperto dal vestito del Teosinte (mais vestito) e in africa si utilizzavano le lagenarie come strumenti e fiaschi. Già allora, l’“innovazione” era sperimentazione: i Sumeri selezionavano datteri, gli Egizi perfezionavano il lino per tessere le bende delle mummie, le foreste e le lande fertili lasciavano posto a insediamenti sempre più stabili, si raffinavano i mestieri e i mercati prosperavano nelle vie commerciali da est a ovest.. Nel Mediterraneo, Greci e Romani acquisivano la loro identità e il loro codice civile proprio dall’integrazione delle pratiche agricole allora conosciute, razionalizzavano i campi, coltivavano *silphium*, una pianta officinale estinta, e il farro germogliato offriva energia alle legioni, primizie da tutto l’impero erano disponibili per le classi dominanti e il popolo curava sotto i capricci degli dei e degli imperatori le campagne ancora selvagge. Fu un’agricoltura audace, basata sull’osservazione dei cicli naturali, che favorì l’incremento demografico e lo sviluppo di nuove infrastrutture.

Medioevo e Rinascimento: orti monastici e piante “globali”.
Nei chiostri medievali, i monaci custodivano saperi botanici: la salvia era “salvatrix”, rimedio per ogni male; l’iperico, erba di San Giovanni, scacciava la malinconia. Gli alambicchi di Firenze creavano profumi eccellenti e li dispensavano alle corti europee. Con le Crociate arrivarono spezie orientali, ma anche semi rivoluzionari: gli Arabi introdussero gli agrumi in Sicilia, trasformandola in un giardino. Nel ‘500, il Nuovo Mondo portò in Europa il mais, il pomodoro e l’amaranto, pseudo-cereale sacro agli Aztechi, le zucche e le zucchine, dispensa di cibo e, tanti legumi nuovi (fagioli). Migliaia di piante e di specie iniziarono còsi a diffondere e a unire popoli tanto diversi, il cibo diventava identità, e ci vollero diversi secoli per integrare questi apporti in agricoltura. Ne danno testimonianza molti testi dell’epoca, avvicinando di molto lo studio delle piante alla classificazione botanica recente. Nacquero infatti i primi orti botanici, i sitemi di rinnovamento del suolo, le marnature e le rotazioni. Nel ‘700 arrivarono a Roma piante ancora oggi poco conosciute come il maxixe (Cucumis anguria), l’Okra (Abelmoschus esculentus,

Ottocento e Novecento: l’illusione dell’infinito.
L’800 romantico esaltò le rose ibride, simbolo di bellezza artificiale, il giardino si apre al paesaggio, mentre la Rivoluzione Industriale prometteva di dominare la natura, la genetica trova sul finire di quel secolo i suoi paladini che coglieranno l’eredità di Linneo e di Darwin per gettare le basi della grande rivoluzione agricola. Negli anni ‘50, la “Rivoluzione Verde” scommise su grani nani e fertilizzanti chimici, ma estromise dal mercato migliaia di varietà locali, fuori protocollo. Eppure, in parallelo, visionari come Luther Burbank creavano piante stravaganti: la *prugna Burbank*, antenata delle susine moderne, o il *crisantemo commestibile*, oggi quasi dimenticato, la mora bianca senza spine, il fico d’India senza spine, la margherita Shasta e tante altre…a chi gli chiedeva come facesse rispondeva : ” Che fra le tante tecniche la forza più grande in grado di far evolvere un vegetale era l’amore”

Il Rinascimento verde: quando l’antico diventa innovativo.
Oggi, mentre l’agroecologia ridisegna i paesaggi e  stimola il senso ecologico nell’agricoltore riconsegnando forse un briciolo di fare artistico a questa attività umana e la coscienza di cosa comprenda il processo agricolo acquista nuove luci e forti contrasti. Da una parte si ingegnerizza tutto, calcolando e massificando le produzioni. Dall’altro si riscopre il valore dell’humus, dei fiori, degli insetti, dei funghi e dei batteri, degli animali e dell’essere umano come partecipe di questa ruota della vita: natura – agricoltura – cultura. Così anche antiche piante tornano protagoniste, Mario Calvino porta in Italia, il pompelmo, lo yacon, la soya, la canna da zucchero allo stazione sperimentale di floricoltura a Sanremo si piantano avocadi e piante curiose come la Casimiroa edulis.

Agroecologia: la nuova (antica) frontiera.
Nei campi sperimentali della Toscana, si incrociano tecniche medievali e droni: i muri a secco riducono l’erosione e fanno posto ai capperi, mentre sensori e app monitorano l’umidità delle piante. In Francia, la vigna “Mas de Périé” coltiva uve autoctone accanto a erbe spontanee, ripristinando microbiomi antichi. E in India, la risicoltura biologica riporta in vita il *Riso Rosso del Bhutan, ricco di magnesio, abbandonato negli anni ’70, Vandana shiva, in India e nel mondo tutela i semi originari dalle grinfie delle multinazionali, salvando migliaia di agricoltori dal disastro economico e ridonando un senso di identità a intere comunità.  La storia dell’agricoltura è un dialogo tra carestie e abbondanze, tra monocolture e biodiversità. Oggi, di fronte alla crisi climatica, quelle piante un tempo considerate “curiosità” diventano alleate e si riscoprono potenzialità incredibili in piante che hanno sempre accompagnato l’uomo nel suo agire agricolo. Ortica e canapa, amaranto, loto, perilla, stevia, bamboo, fiori commestibili, piante per rinforzare il territorio come gli iris e gli Eleagnus, piante per il rimboschimento e le foreste commestibili, fejoa, corbezzoli, olivelli, mirabolani alberi come la Staphylea, l’Hovenia dulcis, le Gleditzie , officinali fra le tante del genere salvie, Ocimum, piper, acmella; tuberi curiosi come le carote colorate, lo yacon, il crosne, il ritorno dello zigolo; zucche legnose come le lagenarie, la luffa zucca delle spugne, il kiwano, gli spinai che si arrampicano (Basele ssp.) le botaniche come Urtica atrovirens, Solanum sisymbryfolium, Berlandiera lyrata, Paderia lanuginosa, le spontanee come ad es. Atriplex halimus, Barbarea vulgaris, Diplotaxis erucoides, Borago officinalis; piante utili anche per le api come l’Echium candicas e moltissime altre. Perché l’innovazione, spesso, non è inventare qualcosa di nuovo, ma riscoprire nell’attualità cosa funzionava. Come scriveva il botanico Stefano Mancuso: «Le piante hanno già risolto tutti i problemi che noi affrontiamo: sta a noi imparare dalla loro saggezza».

Un’arte antica, dunque, che non smette di reinventarsi. Perché il vero progresso, in agricoltura, è capire che il futuro ha radici profonde nel presente. Molti incontri e spazi di riflessione hanno esteso la ricerca… ma dove sta l’ABC? ci sono moltissime tecniche e metodi, il modo migliore è sincronizzarsi con il luogo, riconoscerne la sua unicità e laddove ci sono lacune ripristinarne l’identità. Valorizzare i margini, seguire i suggerimenti della natura, sperimentando e provando. Acquisire una libreria dei semi e delle nozioni botaniche sulle spontanee e le piante coltivate. Invitare l’uno a fare parte dell’altro, ripristinare l’uso di siepi e frangivento, studiare le sinergie fra specie, sopra tutto celebrare questa via che sia orto, arte o giardino.

 

Agricoltura nell’arte e arte nell’agricoltura: un dialogo senza tempo.

L’agricoltura non ha nutrito solo corpi, ma anche immaginari. Dall’antichità a oggi, artisti e contadini hanno intrecciato gesti creativi, trasformando campi in tele e raccolti in metafore. Ecco alcune citazioni e opere che rivelano questo scambio fecondo.

  1. L’agricoltura come musa: la terra dipinta
    – Vincent van Gogh, ossessionato dai campi di grano, scrisse: «Vedere le stelle mi fa sempre sognare, così come i puntini neri sulla mappa rappresentano città e villaggi. Perché, mi chiedo, i puntini luminosi del cielo non dovrebbero essere accessibili come quelli sulla mappa della Francia?». Nei suoi dipinti, come “Il seminatore” (1888), il gesto antico della semina diventa simbolo di speranza cosmica.
    – Jean-François Millet, con *“Le spigolatrici”* (1857), immortalò la fatica contadina. Scrisse: «Il bello non risiede nei volti, ma nel gesto. Un uomo che zappa è più eroico di un principe in trono».
    – Giuseppe Arcimboldo, nel ‘500, trasformò ortaggi e frutti in volti surrealisti. La sua “Estate” (1563) è un trionfo di mais, melanzane e peperoni: «La natura è un’artista, noi siamo solo suoi apprendisti», pare abbia detto.

  1. L’arte che fiorisce nei campi: poesia e filosofia contadina
    – Virgilio, nelle Georgiche (29 a.C.), cantò: «Felice chi poté conoscere le cause delle cose / e pose sotto i piedi ogni timore, e l’inesorabile fato / e il rombo dell’avido Ade». Per lui, l’agricoltura era via alla saggezza.
    – Friedrich Hölderlin, poeta romantico, scrisse: «Coltivare è come scrivere poesie: entrambi richiedono pazienza, e la fede che qualcosa di invisibile germoglierà».
    – Pier Paolo Pasolini, in “Il sogno del centauro”, rifletté: «Il contadino è l’ultimo anarchico: lavora con le leggi della natura, non con quelle degli uomini».

  1. Agricoltura come performance: gesti rituali
    – Joseph Beuys, artista concettuale, nel 1982 piantò 7.000 querce a Kassel (“7000 Eichen”), trasformando il rimboschimento in opera d’arte. Dichiarò: «Ogni albero è una scultura sociale. Una società che non coltiva la terra è una società che non coltiva se stessa».
    – Marina Abramović, in “The Onion” (1996), mangiò una cipolla cruda piangendo, gridando: «Il dolore del contadino che la coltiva è dentro ogni strato».
    – Agnes Denes, pioniera della land art, nel 1982 seminò un campo di grano a Manhattan (“Wheatfield – A Confrontation”). Spiegò: «Volevo ricordare che sotto il cemento c’è ancora terra fertile. Il grano era un simbolo di resistenza».

  1. L’arte dei campi: quando l’agricoltura diventa estetica
    – I giardini Zen giapponesi, dove la cura del muschio e la disposizione delle pietre seguono principi pittorici. Un proverbio recita: «Il giardiniere è un calligrafo che scrive con il vento e l’acqua».
    – I mandala di riso tibetani, composizioni effimere di semi colorati: «Distruggere un mandala dopo averlo creato insegna che la bellezza, come il raccolto, è un ciclo, non una conquista» (Monaco buddista Tenzin Wangyal).
    – Christo e Jeanne-Claude, con “The Gates” (2005), avvolsero Central Park in teli arancioni, ispirandosi ai filari di vite: «Il colore di un campo autunnale è la prima opera d’arte», dissero.

  1. Citazioni ibride: chi semina parole
    – Leonardo da Vinci: «La terra è grassa perché è sudore dei contadini. L’arte è figlia della natura, e la natura è madre dell’arte».
    – Frida Kahlo, che dipinse radici e frutti come simboli di fertilità: «Sono la pianta che cresce tra le pietre. Ogni mio quadro è un fiore strappato al deserto».
    – Wendell Berry, poeta-farmer: «Mangiare è un atto agricolo. Ma è anche un atto artistico: scegli cosa far entrare nel tuo corpo come scegli i colori per un dipinto».

L’agricoltura e l’arte sono specchi paralleli: entrambe trasformano il caos in ordine, la fatica in bellezza. Come scrisse il pittore cinese Qi Baishi: «Dipingo un ramo di pesco fiorito e sento profumo di primavera. Seminare un campo è come firmare un quadro: entrambi chiedono fiducia nel futuro».

….e ora un po’ di musica per il vostro giardino

Buon ascolto

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