APIOS americana

“Glicine tuberoso, fagiolo-patata, trogna”

Famiglia: Fabacee

Origine: America settentrionale

Caratteristiche: pianta perenne rampicante, che si attorciglia in senso antiorario, appartenente alla famiglia dei piselli, produce sia tuberi carnosi che fagioli in baccello. Può raggiungere i tre metri di altezza  e da luglio a settembre produce fiori simili a quelli del glicine, rosa violacei. Bisogna attendere almeno due-tre anni affinché la pianta raggiunga la piena maturità.

Coltivazione: predilige posizioni soleggiate, riparate dai venti, e terreni sabbiosi e ricchi. Resiste alla siccità, tuttavia è bene irrigarla il primo anno. Il fogliame secca ad ogni autunno, ma la pianta ricaccia alla base in primavera. Resiste al gelo, e alle nostre latitudini non ha bisogno di protezioni durante l’inverno. La messa a dimora dei tuberi avviene dall’autunno fino ad inizio primavera, durante il riposo vegetativo. Il primo raccolto di tuberi non può avvenire prima di due-tre anni.

Edibilità 5/5: i tuberi si possono consumare crudi o cotti, ed hanno un sapore delizioso, simile a quello delle patate dolci o delle castagne. Si possono anche essiccare e, una volta essiccati, se ne può fare una farina da aggiungere ad altre farine per panificare o per ispessire le zuppe. Ottimi fritti, saltati in padella o lessati.

Curiosità: Pare che fu la principessa indiana Pocahontas, figlia di Powhatan il capo della tribù degli Algonquian, a fare dono dei tuberi di A. americana all’esploratore inglese, il capitano Jhon Rolfe, che divenne suo sposo. Tramite di lui questa coltura arrivò in Inghilterra. Il medico francese Jacques Cornut, ci descrive, nel suo famoso trattato “Canadensium plantarum” (Parigi, 1635), il primo tentativo riuscito di coltivazione di tale tubero in Europa. Da allora si diffonde in tutto il vecchio continente, limitatamente però alle aeree incolte lungo il corso dei fiumi. La scelta tra il Solanum tuberosum (la patata) e l’Apios americana, fu largamente dibattuta nell’Ottocento, e si risolse a favore della prima, per la maggior produttività e grandezza dei tuberi. Nel diario di un parroco dell’Oltrepò mantovano si legge la raccomandazione impartita ai villici della borgata di mettere a dimora la patata e non la “trogna” (così viene chiamato il tubero nella Pianura Padana). Nel 1995 però, la FAO dimostrerà la superiorità dell’A. americana rispetto alla patata, in quanto contiene il triplo delle proteine. Paolo Barbieri, custode del Regio Orto Botanico di Mantova, nella prima metà dell’Ottocento, descrive il consumo del tubero da parte degli abitanti delle zone rivierasche del Pò, che lo ricercavano infatti nelle golene del fiume per curare una fame cronica ed endemica. Addirittura si era delineata la figura del “trognaio”, il raccoglitore professionista di “tragna”.

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