Il titolo di questo post è di un libro di incredibile attualità, un manifesto alla vita e alla concretezza. Una voce che possiamo udire in ogni Giardino che sia ospite della natura e possa ospitarne i suoi misteri…creazione separata e partecipata allo stesso tempo di un grande tutt’uno. Non mi dilungo ulteriormente per dare spazio a qualche pagina tratta da questo testo fondamentale per tutti gli amanti della natura e che vogliono seminare buonsenso.
Autore Jorn de Précy
a cura di Marco Martella
ed. Ponte alle Grazie
pp.117-121
Ma sarebbe un peccato terminare la visita senza un giro nell’orto. Dopo la rustica solitudine del bosco, penetrerete ora in un luogo pieno di Sole in cui la natura nutre l’anima altrettanto bene che il corpo. Forse è la parte di Greystone che preferisco, non so bene perché. Dietro questo filare di meli si nasconde il cottage del mio giardiniere. Anche questa costruzione si è poco a poco ricoperta di rampicanti, ma è stato Samuel stesso a volerla così, non io. Qui è casa sua. Sul lato, un pergolato coperto di viti. Lì, certe sere estive, lo vedo scrivere con grande fatica qualcosa sul suo taccuino. Forse tiene il diario del nostro giardino, come ho sempre sognato senza mai trovare abbastanza coraggio per farlo? Davanti alla casa sono allineati i quadrati di terra dell’orto. Non è un orto grande: per due persone è più che sufficiente. Le verdure, di sapore eccellente, sembrano anch’esse crescere allo stato selvatico. Anche qui, un`ultima volta, il lettore potrebbe fare una smorfia incredula. «Cosa? Lei Chiama questo un orto? Ogni tanto le capita, di strappare le erbacce? Come può crescere l’insalata in mezzo a tutte queste cattive erbe? E perché piantare anche qui delle rose, come se non ce ne fossero già abbastanza?›› Sinceramente, non ho più voglia di dare spiegazioni. Sarà l’età, Senza dubbio. Ci si affatica prima. E poi la visita è praticamente terminata, così come questo breve trattato che forse somiglia, anch’esso, al mio giardino di Greystone. Sveltí, allora, arriviamo alla fine!
Rileggendo queste pagine, scritte nel corso degli ultimi mesi, mi dico che se ho redatto questo trattato è stato solo per affermare che, nel grande deserto che è diventato il mondo degli uomini, non ci resta che il giardino! È il luogo più prezioso e più fragile della terra, l`ultimo rifugio.
Che futuro lo attende? Non ci si è mai interessati tanto a quelli che spesso sono chiamati – con un’espressione che più spaventosa non si può – «spazi verdi››. Nei moderni quartieri e nelle periferie più grigie e impersonali delle città, i nuovi parchi spuntano come funghi. La quantità di piante di cui disponiamo oggi supera di gran lunga i sogni più folli dei giardinieri del passato, e continua a crescere. Le riviste di botanica si moltiplicano e gli elenchi dei loro abbonati si allungano. Le tecniche di giardinaggio non smettono di evolversi e di offrirci nuovi strumenti che ci permettono di lavorare più in fretta e di risparmiare denaro ed energia. Nella nostra epoca, però, il giardino resta un estraneo o un sopravvissuto. Abbiamo visto che nella società moderna non ha un vero spazio, perché incarna tutto ciò che la civiltà occidentale ha lasciato dietro di sé: la poesia, la libertà, la felicità profonda, semplice dell’esistenza. La fine della mia vita si avvicina e il futuro del mio giardino mi preoccupa. Sembra ben protetto, dietro i suoi muri e le cortine d’alberi, ma io so che è molto vulnerabile. Basterebbero pochi anni di abbandono per farlo sparire dalla faccia della Terra. Mi preoccupo anche degli altri bei giardini che ho conosciuto, dove sono maturato e ho appreso tutto ciò che conosco della vita, dell’arte e della natura. Che ne sarà di Bomarzo, se un giorno qualcuno deciderà di ripulire il parco, trasformandolo in meta turistica? Cosa resterà della sua anima? E il mio caro parco di Sceaux, è già stato «riabilitato››? Domandarsi cosa ne sarà del giardino significa domandarsi cosa ne sarà dell’umanità, tanto intimo è il legame tra giardino e uomo. Da qualche mese i giornali parlano di guerra. La prossima dicono, grazie ai progressi della tecnologia sarà la più distruttiva di quelle finora conosciute.
Penso a quell’altra guerra, nella quale ci impegniamo quotidianamente senza saperlo, assorbiti come siamo dalle molte incombenze quotidiane.
Sto parlando della guerra che abbiamo dichiarato alla vita. Di questo conflitto, i danni della società industriale e materialista sono le forme più evidenti; il distacco dalla natura, la sua conseguenza più profonda. Quando la prossima guerra sarà finita ce ne saranno altre, e il progresso continuerà nella sua corsa e la Terra diverrà uno spazio sempre meno abitabile. Poco a poco, probabilmente, gli uomini si risveglieranno, come dopo un`ubriacatura, e si renderanno conto dell’errore commesso voltando le spalle alle loro origini. Vedremo finalmente che in fondo al deserto c’è solo un deserto. Sarà troppo tardi? Ci sarà ancora un giardino, accanto a noi, per dirci che sì, possiamo ritrovare la strada giusta, quella del ritorno? Nonostante tutto, la risposta che scaturisce dalla mia anima, e si, i giardini sopravvivranno. Ne sono convinto. Fin che ci saranno esseri umani che cercano di rinnovare un dialogo con la natura, ci saranno veri giardini, e quindi una speranza. Sopravvivranno come luoghi di dissenso – Non hanno già adesso questo ruolo, che non avrebbero mai pensato di dover sostenere? Il giardino non è mai perduto. Così, essendo troppo vecchio per credere alle rivoluzioni, non avendo mai avuto gusto per i manifesti politici, io non raccomando che una forma di ribellione: il giardinaggio. Fate giardini! Veri giardini, naturalmente, luoghi indomiti, fuorilegge. lo, che sono sempre stato allergico alla civiltà, con questo sangue di barbaro dell’estremo Nord che mi scorre nelle vene, ho curato un giardino selvatico. Voi scegliete lo stile che vi si confà.
Tracciate il vostro disegno sulla faccia della Terra, che si presta sempre volentieri ai sogni dell’uomo, piantate un giardino e prendetevene cura. E proteggete anche quelli che restano e resistono, i vecchi luoghi abitati dalle piante che arrivano da lontano e continuano a sognare, nonostante l’insensato baccano che li circonda. Lavorate con i poeti, i maghi, i danzatori e tutti gli altri artigiani dell’invisibile per rimettere al suo posto il mistero del mondo. Ciò facendo, affronterete le forze contrarie che oggi sembrano più potenti che mai. Non opporrete al sistema vigente un`ideologia o un progetto politico, ma un semplice` luogo con i suoi semplici valori. Non avrete il desiderio assurdo di cambiare il mondo: farete solo un piccolo spazio alla vita. La natura vi offre questa possibilità. Sicuramente non sarete soli in questa battaglia – benché sia improprio definire «battaglia» quest’opera tanto gradevole, dolce colma di belle sorprese e di ricompense che è Il giardinaggio. Gli Dei sono dalla vostra parte. Sì, quegli Dei che si è voluto scacciare, anche loro esuli sulla Terra, ma sempre infinitamente più saggi dei mortali. Stanno aspettando gli uomini, sorridendo dei loro errori e delle loro speranze, dietro il cancello aperto del giardino.
Ho letto il libro proprio in questo periodo. Una bellissima e affascinante sorpresa!